Tuesday, May 28, 2013

Leggende da coltivare al tempo di Monsanto: L'uomo che piantava gli alberi

L'uomo che piantava gli alberi
un film di Frédéric Back
DASTRA


"L’Uomo che Piantava gli Alberi", film di animazione del 1987 offre allo spettatore la favola dell'impresa di Elzéard Bouffier che negli anni pazientemente riforesta un’arida porzione del territorio in cui vive. Il narratore anonimo (a cui dànno voce nella versione originale Philippe Noiret e in quella italiana Toni Servillo), affascinato dalla vicenda intima e silenziosa del pastore che vive dove le Alpi salgono dalla Provenza, periodicamente ritorna in quei luoghi che trova gradualmente trasformati: i fianchi delle montagne, i campi a coltivazione e interi villaggi vengono rigenerati dall’opera incredibile, compiuta da un solo uomo.

Frédéric Back, cineasta canadese di origine tedesca, in questo suo lavoro tratto dal racconto omonimo di Jean Giono, dà nuova sostanza  al sogno immaginato e messo su carta dallo scrittore francese. E' protagonista della storia un uomo che, pur vivendo isolato, mantiene la sua dignità ad un livello altissimo, nonostante sia assente qualsiasi forma di giudizio sul suo operato: è sempre rasato di fresco, si veste in modo ordinato e pulito, la casa di pietra che ha ricostruito è accogliente e funzionale e il tetto è solido e impermeabile e il vento che ne colpisce le tegole è come il rumore del mare sulla spiaggia. Allo stesso modo, interagisce con l'ambiente che lo circonda. Scegliendo con minuzia le ghiande che custodisce come un tesoro, separando le buone dalle guaste, piantando a migliaia prima querce poi faggi e betulle, ricostruisce il territorio, lo rivaluta, lo arricchisce e non importa che nessuno stia ad osservare la sua opera: lo sanno il cielo e le montagne, la pioggia e i ruscelli che ritornano e che, grazie al suo lavoro paziente e silenzioso, restituiscono equilibrio e armonia alla regione e alle valli che la percorrono.
Intanto, nel corso dei decenni, quelli che erano stati luoghi desolati dal clima feroce, spazi punteggiati da villaggi in cui gli alberi venivano abbattuti per produrre carbone di legna, riprendono vita. Dove l'esistenza era così dura che il lavoro degradava gli uomini e li invogliava a fuggire in un modo o nell'altro, la ricchezza che ripropone la natura rinvigorita richiama ora le genti che lasciano le città per stare in un posto dove si ha voglia di abitare perchè lì risiedono bellezza e speranza.
I villaggi del racconto simboleggiano il nostro mondo, sfruttato al punto che la forza degli uomini, resa inutile dalla sterilità della propria fatica, diventa rabbia che si rivolge ai propri simili. Ma, come dimostrano le attitudini di Elzéard Bouffier, gli stessi uomini possono essere efficaci quanto Dio in altri campi, oltre a quello della distruzione; e i semi che il pastore pianta sono come le nostre azioni, le cui conseguenze a volte non è possibile immaginare. È nostra scelta pensare ed agire in accordo con le nostre speranze per il futuro perchè, dobbiamo saperlo, quando è possibile, lasciamo un mondo migliore di quello che abbiamo ereditato.

E' una recensione di Hugo Beaumont / Pierangelo Cardìa già pubblicata su Source


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